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"It doesn't matter what you do, as soon as you do it with Passion.."

Bere dalla pancia di Buddha, Rumen e Ginevra, Sonja epilogo.

La donna che sposai, o quasi, mi dedicò una stella. Mi insegnò a riconoscere tra gli alberi la stella polare, mi disse che solo uno come me, poteva seguirla e portarne il segno. La stella polare è la prima a brillare nel cielo, è la più luminosa, azzurra e visibile di tutte. A volte la guarderete, alzerete i vostri occhi, quando vi capita, ricordatemi. Mandatemi un bacio, come un soffio di buon auspicio, un abbraccio, il vostro calore, in un certo senso, lo sentirò addosso. Ora, mi rendo conto che tutto questo suoni molto da astrologo da due soldi, ma non è astrologia. Prendetela come, una poetica passione, un cantante disse: " Non sentirti sola, guardiamo lo stesso cielo, anche se distanti chilometri. " Il Cielo è sempre stato, per quelli come me, qualcosa che non ha niente a che vedere con l'astrologia. Quelli come me nel cielo, ci vedono il loro destino. Sentono addosso che anche loro, come quelle stelle, devono rimanere per sempre nella memoria dei tempi.
Ma di questo, parleremo un'altra volta.
Avevo sete. Volevo bere, alcool, anzi, volevo proprio sbronzarmi, anzi, volevo prendermi un'ubriacatura di quelle che appena tocchi il letto o vomiti correndo di forza in bagno, o ti addormenti convinto che la tua vita.. Che senso ha la tua vita quando bevi ?
Ecco. Perchè volevo farlo ? Non è neanche questa volta, una cosa che vi riguarda.
Torniamo all'alcool. Mi do appuntamento col Rumen. Per chi non lo conoscesse, il Rumen è un mio " amico " cerebralmente morto. Non tipo zombie, tipo... Avete presente il cartone Ed,Edd, Eddy ? Ecco, uno così. Andiamo sempre al solito bar. Puzza di vecchio, ha dei sedili squarciati e l'alcool fa così schifo che ti sbronzi con meno di dieci euro. Il Bar però, ha la saracinesca abbassata. Brutta storia - penso. Decido allora di seguire la stella polare. Non l'ho mai fatto prima, non ho mai affidato la mia vita ad una stella, è qualcosa di così antico che non avrebbe senso farlo nella vita di ogni giorno. Un tempo si seguiva la stella polare per navigare. Io, dovevo navigare nelle acque dell'alcool. E siccome non avevamo una seconda meta, ad istinto, la butto lì al Rumen: Seguiamo la stella, vediamo dove ci porta - Prima di proseguire è doveroso dirvi com'ero vestito. - 
Tuta bucata sulle palle della Ny, canotta nera con collana stile catena del motorino, anello col leone in argento grande come un pollice, capelli con la cresta, barba sfatta qua e là, cicatrice vistosa sulla guancia per la rissa di qualche settimana fa.
Rumen... Rumen è vestito di un casual da far rabbrividire. Quel tipo di casual che sembra uscito dall'Ovs, quel tipo di casual così casual che non ci fai davvero neanche caso.
Ad un certo punto della camminata in direzione ' Stella Polare ' vediamo uno strano locale. E' un pub, si capisce. Pub = alcool. E fin lì, tutto nella norma. La stranezza però, sta nelle finestre. Al di là del fatto che sono immense ( qualcosa come due piani di una casa comune ) sono chiuse da tende rosse ed è quindi impossibile vederci dentro. Non ci faccio tanto caso, penso dall'inizio che sia uno di quei locali Indie che sta per chiudere. Ipotizzo un prezzo guardandomi nel portafoglio. 10-15 euro a Cocktail. Dando per scontato che fosse vuoto ed in fase di chiusura, entro dalla porta a vetri oscurata.
Ciò che vedo, ve lo sputo come l'hanno visto i miei occhi:
Sala enorme con tanto di piastrelle in granito, tavoli in cristallo e sedie simili a troni di qualche re. In fondo alla sala, c'è un piccolo palco, pianoforte a coda da 30-40 mila euro, sopra c'è una donna seminuda che canta strusciandosi sulla cassa del pianoforte. Dietro di lei, un jazzista di colore con la tromba, un tastierista con gli occhiali simile a ray charles e una donna elegante che suona il violino. Il bancone da bar è lungo quanto casa mia, o quasi. Legno massiccio, ben curato, pulitissimo, dietro lampeggia la scritta del locale a led anni 60. I baristi sono vestiti in smoking, puliscono i bicchieri con un panno di seta rossastro e il cassiere ha addosso un sorriso degno del miglior dentista. La scena mi ricorda un misto dei Blues Brothers, Shining ( la scena in cui Jack va a visitare il bar fantasma ) e il Grande Gatsby. Neanche il tempo di pensare: Come cazzo sono vestito - che lesto, un cameriere, si appresta a venirci incontro e a preservarci un tavolo. Ci elenca la storia del locale, ci spiega di come sono fatti i loro drink, ci consiglia, e ci domanda se gradissimo delle ostriche o in alternativa, una degustazione tipica di piatti cine-india-giappo... Sentite io ancora non ho capito che cazzo fossero quei piatti, posso solo dirvi che era una sorta di cucina alla Cracco dei piatti orientali. La banda sul palco suona un blues così rilassante e sofisticato da farmi venire la pelle d'oca. Apparentemente, mi rendo conto, voi potreste dire: Oriente, ostriche, Blues... cravatte... E' tutto così confuso.... E' vero. Ma per qualche strana ragione, la confusione di stili e provenienze, è così abbinata, che non da fastidio, anzi, ti da l'idea di essere entrato in uno di quei posti esclusivi, in cui solo gli intellettuali, i ricconi dell'alta società e gli artisti affermati, vanno a consumare la loro sbronza.
Ed infatti, è così.
Le donne sono, diamine, le donne sono la fine del mondo. Hanno qualche anno più di me, direi sulla trentina massimo. Non hanno la pancia scoperta, non vestono come tutte al giorno d'oggi, non fanno vedere seni e non sculettano su nessun cubo. Vestono roba di una classe spropositata. Una indossava un collier di diamanti ed un vestito probabilmente da qualche migliaio di euro. Non hanno bisogno di mostrare niente. Gli spacchi e le scollature, non sono come quelle della gente normale. Questi sono così strutturati e raffinati, che danno eleganza al corpo femminile. Niente di volgare o troppo vistoso. Me ne innamoro.
Mi innamoro di una di loro a dirla tutta.
Veste di nero e ha delle sfumature velate sui fianchi e sulla schiena. S'intravede la pelle, ma non troppo. E' alta, quanto me. Bionda, i capelli sono raccolti in uno chignon d'argento, ha un piccolo neo sul collo, piccolissimo. Ci faccio caso perchè per qualche strana ragione, sta bene sulla pelle chiara. Un puntino. Ma da quel carattere al suo collo, che è davvero eccitante. Gli occhi, dannazione gli occhi non so neanche come descriverveli. Sono blu acceso come il mare, sono grandi e brillano insieme al sorriso composto. Sorriso da attrice, denti bianchissimi, quando ride è elegante e composta. Le mani sono sottili, le porta alla bocca durante i suoi sorrisi, come a coprirsi. L'atteggiamento secondo il galateo della principessa di un regno. Ha anche i guanti, in seta. Seno abbondante, corpo stretto come di chi può portare un corsetto senza vergogna. Ha la mia età. E' così bella, che con quel blues, non guardavo altro che lei.
Mi ha guardato? L'attrazione era ricambiata? Com'è andata a finire, raccontaci. Non ha importanza.
Quello che importa è che in quel momento ho pensato quanto uno come me stesse bene in quel mondo. Non il mondo dei ricchi - attenzione - Il mondo delle persone colte e intellettuali, di artisti stravaganti metà ricchi e metà straccioni, dei jazzisti che sbucano di notte e suonano sbronzi in frac, di martini con olive e tele dipinte di schizzi apparentemente confusi. Tutti lì, sembravano provenire dalla mia stessa madre. Sapete, a dirla tutta, è la prima volta che incontro persone così. Quelle persone che sembrano provenire da altre epoche, come quando Baudelaire frequentava i locali francesi e i bordelli illustri notturni. Come quando Dalì si riuniva con i suoi contemporanei ad ascoltare il blues del mississippi, con F. Fitzgerald e quella banda di matti. Come in " One Night in Paris " di W. Allen. Insomma, lì, ritrovai le mie origini. C'erano le donne che uno come me, adorava. Ve ne parlavo tempo prima, non c'è niente di più eccitante per un Master, di trovare principesse candide e composte, da sporcare di sesso ed edonismo. C'era la musica che mi fa impazzire e l'ambiente che mi fa impazzire. Cazzo, c'era davvero il sogno di una vita. A me ed al Rumen, portano il Buddha Cocktail. E' per due persone - dice l'amico cameriere- Non immaginavo, una messa in scena simile: una statua di buddha viene portata su un carretto ai cui lati bruciano delle candele, c'è un orto zen attorno con frutta e verdura mai vista che mi spiegano essere verdure tipiche dei monaci orientali, dalla pancia di buddha esce una sorta di cannuccia che gira attorno al giardino, entra in una cassa di legno e fuoriesce in due altre cannucce. La cosa più assurda, è che ciò che bevevamo era il fiume sotto i piedi di buddha, il cocktail rossastro che devo dire, era fantastico. Sarò sincero. Quando ho visto ciò che mi è stato portato, ho collegato il locale alle persone e ho sudato freddo.
Sapevo quanto avevo nel portafogli. 20 euro. Conosco il mondo, con 20 euro, forse, potevo comprarmi le ciabatte del buddha.... Qui lo dico. Dio benedica il Rumen e la sua famiglia ricca. Quando andiamo alla cassa il prezzo è secco: 120 euro. Alla faccia di Buddha. E' in questo momento che qualcosa mi tramortirà per il resto dei miei giorni. Qualcosa che è difficile spiegare e scrivere, qualcosa che in venti cinque anni non avevo mai voluto ammettere. In quel momento, ho capito che la mia natura, la mia felicità, il mio benessere, il mio stato naturale di vita, sarebbe costato tanti soldi. In quel momento ho capito, che ciò che cercavo nel mondo, richiedeva il vile denaro. Richiedeva i soldi che ho sempre disprezzato. E' in quel momento che mi sono chiesto: Sei sicuro che i soldi non facciano la felicità? Perchè senza soldi, tu non puoi entrare in questo mondo che tanto ami. Senza soldi non vai a Londra per scrivere il tuo romanzo tanto atteso nell'hotel che si affaccia sulla strada bagnata, senza soldi, non puoi entrare in contatto con il mondo di queste persone così... così brillanti.
Rumen, mette i soldi senza dire una parola. Lo fa con una naturalezza che quasi mi commuove. Mi sento così in colpa che decido di ricambiare il suo gesto tenendogli compagnia per tutta la serata rimanente.
Vado in un distribuite 24 ore, prendo del vino, gli dico che sono disposto a parlare di ciò che vuole. Non gli ho mai dedicato così tanto tempo - non sopporto gli scemi e i tonti - ma questa volta lo faccio. Non per i soldi, ma perchè i suoi soldi mi hanno regalato una parte del mondo che ho sempre sognato conoscere. Il Destino è strano, non mi stancherò mai di dirlo. Camminando, cercando un posto dove sorseggiare il vino, Rumen mi indica i gradoni di una scuola. E' la scuola Mantegna. E' dove ho portato Ginevra quattro anni prima. Ciò che dice, suona ancora più assurdo. " Quel posto ha qualcosa che mi piace... sediamoci lì. " Se ora dovessi aprire a tutti gli sconosciuti lettori il capitolo Ginevra, finirei di scrivere dopo domani mattina.
Ve la dirò così, come direbbe un filosofo giapponese. In poche frasi. In una poesia, In " Kanjii "
Ginevra era,
E sempre sarà,
Il mio punto di Kaos,
Il mio punto di Luce,
L'acqua che scorre,
Lontana ormai,
Tra le mie labbra che rimarranno sempre secche.
Non mi ricordo il nome delle strutture poetiche giapponesi scritte in Kanjii e sono altresì convinto che la mia non le rispetti a livello metrico, ma poco importa. Parlo al Rumen di Ginevra. Gli confesso: " Sai, quattro anni fa, ho portato Ginevra qui. Eravamo così vicini al baciarci e poi, e poi ho mandato tutto a puttane. Anzi sai, non è vero. Qualsiasi cosa avessi fatto, non sarebbe mai bastato. Però io credo, che un giorno la riporterò su questi gradoni e riuscirò a darle quel bacio. E quel giorno lei sarà mia, per sempre. "
Il Rumen... si mette a ridere. Ride davvero. Ride e dice con il suo fare da stupido " Credici Ned, credici ! " Ma sapete cosa vi dico? Io continuo a crederci. E' sempre stata questa la mia forza che mi ha portato così lontano: Io, ci credo fino alla fine. Non importa cosa succederà, io non mollo un cazzo, non ho mai mollato, neanche di fronte alla sconfitta più certa, io non stacco i denti, i pugni, l'anima, da ciò che ho deciso di prendere. Sono un leone cazzo, sparami in testa, ma il tuo braccio rimane tra le mie fauci. Come diceva Claudia, quella donna della stella polare: " Io ti amo Ned, perchè sei l'unico che rende i sogni realtà. " E, anche se mi sembra assurdo, io continuerò a dirlo. " Un giorno, bacerò Ginevra qui, su queste scale, davanti a questa scuola. " E sarà così, potessi morirci, sarà così.
Sì, ma adesso dicci di Sonja. Cosa c'entra Sonja ? Oggi ho rivisto Sonja su un sito... Il sito dove la conobbi. Ho pensato tutto il giorno a Sonja. Mi sono chiesto cosa mi infastidisse, cosa mi portasse ancora a parlare di lei, cosa mi premesse o mi bruciasse. L'avevo trovata la risposta: Non potevo credere di aver visto in una semplice puttana, una persona. Era questa e basta. Mi sono fatto ingannare da quegli occhi profondi come quelli di un cervo, mi ero detto che lei sarebbe stata la mia nuova ragazza, dopo ormai anni che non decidevo di legarmi a qualcuno. Ci avevo scommesso tanto, tutto; Avevo persino ripreso a scrivere canzoni e l'avevo fatto per lei. Non potevo ammettere a me stesso che lei fosse così mediocre e scontata, come le altre che mi portavo a letto prima e dopo di lei. Lo dicevo, ma non potevo comunque ammetterlo. Significava per una volta, ammettere di essersi sbagliato. Significava dire: Ned, questa volta, è colpa tua. Lo cantava Dan-T " Al buio è facile confondere lucciole con principesse. " E così, tutto il giorno ho morso le mie mani pensando come potessi non essermene reso conto prima. D'altronde, l'avevo conosciuta e incontrata nella maniera più banale e superficiale di sempre. Aveva visto le foto del mio cazzo, si era interessata di come scopavo, l'avevo scopata, ci siamo frequentati. L'errore è l'ultima parte. Il frequentarsi dico. Per qualche insana ragione, ho sempre visto in lei più di quello che c'era realmente. Cercavo, in maniera ossessiva, una relazione che mi portassi dietro. Una storia da raccontare, dopo quella di Claudia. E per questa ossessione, ero ricaduto su di lei. Poteva essere Sonja come Chiara, Francesca, Martina. Stavo solo cercando in quell'esatto momento qualcosa da scrivere e da vivere. Lei, è solo stata la persona che si è presentata nel momento esatto, il momento in cui il bianconiglio fece ticchettare l'orologio.
Ma sapete qual'è la verità? E' che mentre ero su quei gradoni e pensavo a Ginevra, mentre ripensavo alla ragazza dai biondi capelli, al locale, alla pancia di buddha, ho visto finalmente Sonja per la cosa piccola che era. Per quel punto insignificante in una vita di volti e persone, ricordi, corpi. Un numero immesso nella rubrica dei letti riempiti, delle palle svuotate, un orgasmo occasionale, la mia bambola da una notte. Ed è lì che ho pensato, Che un giorno, Mi sarei seduto in quel bar con Ginevra. Le avrei fatto leggere questo racconto e avrei finalmente scoperto, che sapore aveva la sua carne tra le mie zanne. Le avrei detto, che lei sì, che ne valeva la pena.
La notte, si chiude così. Sotto la vista annebbiata dell'alcool e il cielo stellato.
Che sapore ha Ginevra?
Che sapore...ha...
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La mia prima notte da Master -

Non saprei da dove iniziare.
No, davvero.
Lo sono sempre stato? Lo sono diventato? Come e quando ho sviluppato questo istinto ? Mi è sempre piaciuto scopare forte. E cristo, intendo davvero forte. Ho sempre avuto un'ossessione per la carnalità, la passione più sanguigna, affascinato dalla violenza e dalle perversioni più nascoste.
Gli esseri umani li ho sempre visti come bestie. Animali che hanno rinnegato il loro vero istinto, illudendosi di essere una razza superiore. Quando scopo, risveglio la mia natura e quella della mia donna. Animali che hanno fame, animali che hanno sete. Ho una predisposizione innaturale per il comando, il dominio, gli ordini.
Un tempo, quando ero giovane e stupido, sfidavo persino Dio, o m'illudevo di farlo e non avevo paura di nessuna delle conseguenze.
La mia fame non si placherà mai.
Qualsiasi cosa io abbia mai avuto, ne ho sempre voluto di più. Non c'è mai stato un momento della mia vita in cui davvero mi sia voluto fermare a dirmi: Adesso basta così. Sapevo che dentro di me pulsava la forza e la volontà necessarie per poter ottenere tutto quello che il mondo poteva offrirmi. E tutto quello che un corpo, poteva offrirmi.
Così fragili scoperte, così sensibili. Pelle che si arrossa facilmente, lividi e marchi come bandiere in cui io ho urlato al mondo: Questo, è il mio territorio. Questa, è la mia donna.
Non ho mai sopportato obbedire, stare alle condizioni di qualcun'altro, dover rispettare i canonici standard della società. Nè per accoppiarmi. Nè per innamorarmi. Nè per portare avanti la mia strada. Ho sempre pensato che fossi un Re capace di far inchinare e prostrare a sè, qualsiasi essere umano. Ho sempre vissuto così.
Non è mai stato in dubbio, il fatto che io fossi colui che cavalca il cavallo, non colui che viene cavalcato.
Non sono insostituibile e non lo sono mai stato. Mentirei se lo dicessi. Ma una cosa è vera, in tutto il mondo, una sola voce è chiara tra la bocca di coloro che sono entrati nella mia vita.
Nel bene e nel male, Io, sono indimenticabile.
Il ricordo che lascio addosso, in una notte di sesso sfrenato, quanto in una bevuta di vino rosso ai piedi di una piazza affollata, non passa mai. Nessuno riesce a dimenticarmi, neanche volendo, neanche impegnandosi. In un misto di rancore, gratitudine, servilismo e ammirazione. C'è tanto odio sì, ma potresti andare da una qualsiasi mia ex fidanzata e dopo tutti gli insulti sputati, direbbe: Era incredibile. Non lo dimenticherò mai. Mi sognano, mi richiedono, a volte ritornano, alcune dopo anni. In un modo o nell'altro vogliono conservare un ricordo costante, una traccia di me che le accompagnerà per sempre. Come ci riesco? Non lo so. Non lo so e non ci provo. Suonerà così banale, ma è semplicemente questa la realtà: Io sono come sono. Loro, si innamorano perdutamente della mia immagine, riflessa nei loro occhi arrossati.
Dopo anni di follia, estremismi, sregolatezze, ho deciso di rispondere alla mia vera natura.
Quella del Master.
Non sono stato io a darmi questa etichetta, è stato un nome che mi era stato cucito addosso da tante bocche. Le frasi, si assomigliavano.
Si inginocchiavano nude, mi guardavano con un desiderio accecante e mostrandomi le ossa della loro schiena, scostando i capelli sulle spalle come di chi è pronto a sporcare la pelle bianca con i segni di una frusta, imploravano: " Fammi ciò che vuoi, padrone. Io, sono roba tua. "
Non importava quanto dolore avrebbero subito, nè se avessi deciso di infilarmi tra le loro cosce o starmene in silenzio a guardarle, non importava se avessi stretto le loro gole, rovinato i loro folti capelli o scottato i loro capezzoli con la cera di una candela. Non importava.
Sarebbero comunque state lì, come geishe di nobile bellezza, ad aspettare un mio desiderio, ad aspettare, di assecondare ciò che usciva dalle mie labbra.
Solo che, prima di ieri, non mi ero mai definito un ' Master '. Sapevo di esserlo, ma non volevo ammetterlo.
La verità? Non amo i costumi in lattice. Non amo gli eventi e i locali per ' perversi ' e coppie alla ricerca di qualche strana notte da portare addosso. Non è roba che fa per me. Non m'interessa dover cercare in un luogo scelto e preconfezionato. Come se, io fossi Gay ed automaticamente dovessi andare ad una serata gay. Se io fossi nato Gay, non andrei a nessuna serata gay. Mi piace trasformare da me le cose. Non ho bisogno di un locale apposito e dei giusti accessori, delle giuste persone. Ciò che mi ha sempre più eccitato era cacciarmi le prede più lontane dal mio ideale di sesso.
Le ragazze perfette, tremendamente belle e aristrocratiche, di famiglia ineccepibile, camminano con una postura corretta e gli occhi da ninfa in un mare di squali.
Quelle che ogni uomo sogna e probabilmente, si fa calpestare più di qualche palla, pur di averle.
Quelle abituate ad ogni ricchezza e lusso. Ogni vizio.
Loro, loro sono sempre state quelle che mi hanno più soddisfatto, quando portavano il mio collare al collo e tremavano solleticate dalla punta delle mie dita.
Ecco perchè non ho mai voluto definirmi un ' Master ' Non volevo attirare quel tipo di gente. Sono convinto, che un vero Master non ha bisogno di strani costumi e strane ruote di legno che fanno molto medioevo .
Basta avere negli occhi quella fiamma, quell'ardente luce così piena di carisma e forza... Quel potere, a cui tutti si assoggettano, come gli animali, come i leoni di cui porto il segno, Il maschio Alfa a cui si prostrano e si piegano nudi e vulnerabili e tacciono al suo cammino, facendogli largo, chinando il capo, distruggendo il loro Ego.
Negli occhi, Io, portavo lo sguardo di un RE.
Per questo ogni donna, ne era e ne sarà sempre attratta, per questo mi farà fare a lei ciò che ritengo più opportuno,
La punizione più severa,
Lo sperma più ricco,
Lo schiaffo più forte,
La stretta più virile,
La gola,
I segni,
I miei marchi,
Il mio regno.

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Il Principe.

Parte 1 - 

Inpassione - Ego - Principe_Nero 

Quando assieme a Luca ho creato questo sito, l'ho pensato per tutti i giovani scrittori, le menti viaggiatrici, i notturni assetati di edonismo artistico viscerale. Già me lo immaginavo ricco di contenuti, blog, racconti, filmati che deliziavano i palati più stravaganti, immagini che attiravano, sai, che ti facevano venir la voglia di dire: questo lo devo condividere sulla mia pagina Facebook.
Quello che però non mi ero chiesto, non l'avevo proprio considerato a dirla tutta, era… Perchè le persone dovrebbero riempire questo sito di contenuti?
Perchè venire qui? Perchè cercarlo, perchè visitarlo, perchè avere la voglia di usarlo come un loro diario nascosto, o qualcosa di simile.
Già, mhm, perchè? Non ci sono ragioni, mi rendo conto che, allo stato attuale, nessuno sia così interessato a questo sito. E' spoglio, freddo, impersonale. Perchè diavolo una persona dovrebbe tornare a casa da scuola, dal lavoro, o dovunque egli sia e dirsi ' Hey, ho proprio voglia di guardare inpassione. ' Sarebbe come continuare ad andare a vedere una casa vuota, o assistere ad una partita di calcio senza giocatori e tifo sugli spalti.
Ed è allora che m'illumino, non d'immenso, ma di una scontata ovvietà: Sarai tu, Ned, a rendere questo sito la casa in cui ogni navigatore sul web vorrà ritornare.
Tocca a me riempirlo di contenuti , soprammobili, parquet, imbiancare le pareti bianche e renderle ricche di qualcosa di così particolare, da catturare ogni attenzione. Avevo pensato al sito avviato, ai risultati già tangibili. Mille, due mila persone attive al giorno che commentano, discutono, postano, richiedono, fanno avanti ed indietro tra pagine affascinanti. I racconti più quotati, le confessioni più nascoste, i disegni più folli.
Eppure, non capivo che alla base di ogni casa, ci stanno i mattoni dei muratori. Il progetto dell'architetto. Ed un motivo valido per far abitare le persone.
Io sono, l'architetto ed il muratore. Ma sono soprattutto un onesto scrittore, un personaggio atipico, ma con un carisma tale ed una voglia di fare, da riuscire ad ottenere tanti applausi, dopo il coniglio uscito d'incanto dal cilindro.
Per tanto, era giusto usare questo sito come se fosse il mio sito e non il sito degli altri. Come se fosse casa mia, il mio angolo, la mia camera dei segreti. Perchè se le cose che fai non piacciono a te per primo, non potranno piacere agli altri. Tutto parte qui, da me. Ed onestamente non posso neanche ritenermi sfortunato. Da tempo cercavo un luogo in cui cancellare la mia identità ai più. Una piccola caverna in cui dipingere gli strati del mio Ego, delle mie passioni, di tutto ciò che mi ha sempre affascinato. E potevo essere bambino ed incantatore di serpenti al tempo stesso. Un posto in cui iniziare da zero, nudo come un verme, ma un po' più bello di un verme.
Inpassione inizierà da qui dentro, dalla mia testa, uscirà fuori dal cranio come strisce colorate su muri sporchi.
Un tempo lo feci, tutto questo intendo. Avevo un bel Blog. Si chiama: Il Principe_Nero E non lo feci per gli altri. Lo feci per me ed unicamente per me. Avevo bisogno di un luogo in cui poter svuotare i fiumi di pensieri che non potevo fare nella vita di tutti i giorni. Dovevo imbrattare di segreti e confessioni, qualche angolo, in cui nessuno avrebbe potuto trovarmi, o riconoscermi. Il Blog poi, divenne la casa di tutti. Ottenne successo, le persone, prima di andare a letto, scrutavano e leggevano silenziose tutto ciò che scrivevo. E se ne prendevano. Come un Film di cui non vedi la fine, un serial di tante puntate, un romanzo senza la parola ' Fine ' . Un qualcosa con cui crescere e vivere, assieme, spettatori e protagonisti, giullari e corte, Re e regine. Principi, o il principe, quello… nero. E non ero nero per il colore della mia pelle, sia chiaro.
Il Blog venne poi chiuso, in automatico da Facebook, a causa di una 'stupida' foto in cui una donna nuda si prostrava silenziosa al suo padrone, come una geisha servizievole ed elegante. La foto era mia, intendo dire, letteralmente mia. Scattata da me, ne andavo anche piuttosto fiero. Ma, sapete come funziona la censura su Facebook, no ?
Abbattuto, misi in un cassetto il Principe_Nero e non volli più rispolverarlo, avevo visto letteralmente bruciare tutte le pagine scritte, che senso avrebbe avuto ricominciare da capo? Sono passati due anni, sono cambiato io così come sono cambiati i miei scopi. Ma c'è un detto fantastico: Prendi due piccioni con una fava. Io volevo creare un sito che diventasse il luogo di tutti gli artisti squattrinati. E forse, in cuor mio, volevo anche tornare in quella caverna dove potevo esprimere tutto ciò che rigirava nella mia testa, in piena onestà e sincerità.
Prendo due piccioni, due aironi, due gazze ladre e ritorno così. Qui, ad essere un principe di un colore indefinito. Pronto a coinvolgere di nuovo tutti voi, dentro quel caos che secondo Nietzsche, partorirà una stella danzante... ancora un'ultima volta. 

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Luca
Non sapevo del tuo blog, ma puoi star certo che inpassione non è Facebook, inpassione non è censura, inpassione non ha limiti al d... Read More
Domenica, 01 Maggio 2016 13:24
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Notti Parigine -

​Non so se abbiate mai visto Snatch! , in ogni caso, in Snatch! viene utilizzato il montaggio ipercinetico. In sostanza nel giro di 5 secondi vengono buttate davanti ai vostri occhi immagini rapide in sequenza , come se tutto il tempo degli eventi fosse riassunto in poche sequenze che il vostro occhio riesce a mala pena a percepire. Per me è stato così. Il tempo di battere le palpebre e una volta che il buio era svanito, ritrovarsi col culo su un sedile di un Boeing seduti di fianco ad un signorotto con in mano una copia del Time e un'aranciata compressa in un bicchierino in plastica. E' tutto compresso quando viaggiate, come se fosse tutto in pillole che dovete assumere a scadenza regolare. Ho sempre detto che la giacca e la cravatta è il costume dei falliti ben mascherati. Sai da cosa distingui i capi dai servi? I Capi vanno alle riunioni in ciabatte, i servi con il mocassino e il colletto ben chiuso da una cravatta elegante. Io ero servo e benché tutti sostenessero che fossi così sexy vestito elegante, mi sentivo soffocare da una routine che non è la mia. Volevo chiedere alla Hostess dello scotch, ma non ho avuto il coraggio di richiedere alcolici in volo, mi sarei sentito o un grande chitarrista, o un grande coglione. Ma non avevo la chitarra, quindi la seconda ipotesi era più plausibile. Poi, quando si aprono i portelloni, ho respirato l'aria della magica Parigi. Parigi è una cartolina surreale vivente. Parigi non andrebbe visitata, Parigi andrebbe osservata da una finestra a specchio dell'Atalant Hotel, con una copia di un giornale locale, un croissant e un cappuccino. Se lo faceste, vi rendereste conto che è come osservare una scena di un film di Woody Allen, o di qualche regista bohémien. Pensavo di iniziare a scrivere il mio libro proprio da lì, da quella finestra, ma sfortunatamente non ero a Parigi per svagarmi, se fosse stato così, ci sarei andato in scarpe da basket. Ero sia nel perfetto luogo, sia in quello più sbagliato. Non mando giù i francesi e il loro ego smisurato, né gli odori che emanano. In più, non spiccico una parola in francese. Certo non volevo sembrare italiano, esiste forse una razza peggiore di quella italiana? Forse i rumeni e gli albanesi, ma c'è comunque una bella concorrenza. Così, rispolvero la mia carriera di attore da cinema di mezza notte e davanti allo specchio, sforzandomi di non gesticolare, inizio a fingermi un perfetto californiano. Sporco l'accento di influenze dell'ovest, senza esagerare o mi sarebbe solo mancata una sputacchiera e un paio di arachidi. Non eravamo nel Far West, eravamo semplici turisti cresciuti a workout, belle donne e pick-up così grossi che ti sentivi una lumaca con tanto di casa dietro. La sfortuna è che, raramente trovi francesi che parlino inglese, per loro è considerato un disonore parlare un'altra lingua così diffusa. Però, sapevo come arruffianarmi le signore che profumavano di Chanel in quegli abiti abbondanti e impellicciati. Giravo con una copia di L'Élégance du hérisson, rigorosamente nella mia ventiquattrore e la tiravo fuori ogni volta fossi seduto ad un caffè bar. Non leggevo sia chiaro, ma sapevo fingere bene. Ho ricevuto anche un qualche complimento per la lettura, a cui ho sorriso annuendo elegantemente. Parigi è così, ti fa venire la voglia di portare un paio di baffi all'insù e di fumare quelle sigarette con il bocchino. Fossi stato un pittore, Parigi è la città in cui ti viene voglia di sdraiarti e dipingere sugli stessi mattoni una tela elegante e colorata. Alla mia prima notte d'albergo, ho sentito nuovamente il bisogno di alcolizzarmi. Non avevo niente d'affogare, ma non potevo resistere alla tentazione di barcollare ubriaco in quelle luci e quei colori che sembravano fuoriuscire da una tela di Magritte . Mentre ero al mio secondo Jack e coca, noto qualche sgabello di fianco, due ragazze più grandi di me, osservarmi e sorridere. Erano ben vestite, troppo per i miei gusti. Già tendo a schifare disgustato le donne in tacchi alti e vestiti che fan concorrenza al red carpet degli Oscar, figuriamoci due ragazze sui 25-26 anni con abiti di qualche stilista prestigioso e pochette di Vuitton ( l'unico marchio che riconosco ) . Insomma, per me la donna diventa sesso quando gira in autoreggenti e felpe larghe, quando è stracciata, vestita in malo modo, celata dietro maglie larghe con spacco sulle spalle. Però, una delle due, aveva proprio un gran bel viso. Fisicamente erano messe più che bene, sapevano di esserlo dato l'abito che calzava perfettamente sui fianchi e la postura che assumevano da sedute con la schiena dritta e le braccia appoggiate delicatamente sul bancone. Avevo avuto così tanti appuntamenti e scopate con così tante donne, che ormai, mi bastava osservarle a distanza per dirvi persino cosa bevevano, che medicine assumevano, la musica che ascoltavano, se avevano animali in casa, i loro rapporti con loro stesse e le loro relazioni con i genitori. Spezzando il mio lato affascinante e romantico, cadendo nel romanesco, ero una sorta di Sherlock Holmes della fregna. Poi, ho fatto qualcosa che ho sempre desiderato fare, qualcosa che sinceramente non sapevo se si facesse realmente o fosse solo frutto dei telefilm con cui siamo cresciuti. Ma ero californiano, quindi dovevo comportarmi come tale. Con due dita feci cenno al barman di avvicinarsi, mi sporsi per sussurargli all'orecchio: Offra un altro giro a quelle due signorine. Mi piacerebbe dirvi che filò tutto perfettamente e farvi respirare un po' di magia da gran racconto, ma sono realista, fottutamente sincero e mi tocca dirvi che il barman non parlava inglese e ci misi decisamente un po' a spiegarmi. Poi, comprese, aspettò che finissero i loro drink - continuavano a guardarmi, soprattutto la ragazza col bel viso: Aveva un taglio a caschetto, capelli scuri, un piccolo neo sopra le labbra e un rossetto di un rosso parecchio spinto. Naso alla francese, ottime le proporzioni rispetto agli occhi azzurrastri. Aveva anche un accenno di lentiggini, terribilmente sexy. - Nel momento in cui il barman si avvicinò per offrire loro il secondo giro, ammetto che mi tesi come una corda di un violino. Loro gli dissero qualcosa, ma erano rilassate, vivaci. Si girarono verso di me e alzarono i calici per ringraziare . Ricordate il montaggio ipercinetico ? Ero sbronzo, sulla via del peccato, con del fumo che usciva dai tombini, probabilmente sbalzi termici, c'erano parecchi turisti sul marciapiede opposto. Io scattai la foto al Moulin Rouge, ne scattai un'altra ed un'altra ancora; Ero un perfezionista, cosa volete farci. Trovai il modo di non inquadrare i passanti e aspettai il momento giusto. Come ci ero arrivato? In Taxxi, ma non ero solo. Vivièn e Ameliè erano con me, ormai, avevamo già fatto conoscenza da due ore e mezza. Vivevano da sole, non erano neanche di Parigi, ma erano lì per uno stage. Avrei dovuto offrirgli almeno un altro giro di drinks, perché il loro tasso alcolico era decisamente inferiore al mio. Mi sentivo una star accompagnata a fare un tour della città da due splendide ragazze e mi tenevano a braccetto. Loro masticavano qualche parola d'inglese, abbastanza da farmi capire che se avessi voluto potevo fermarmi a dormire la notte con loro, mentre divertite m'insegnavano un po' di francese ed erano incuriosite dalla mia storia e del perché fossi lì e sembrassi qualcuno d'importante. Vedete, la prima lezione che t'insegnano a recitazione è che puoi essere chiunque, dico davvero, chiunque, basta solo convincerti di esserlo e convincerai anche gli altri che tu lo sia. Ti cali in un personaggio e vivi e parli e ti muovi e respiri come se tu fossi realmente lui e questo gioco, che facevo da anni, mi riusciva ormai perfettamente. Vivièn era la ragazza castana col caschetto che tanto mi attizzava strane fantasie, ma non potevo scindere una coppietta così carismatica. C'era profumo di un Menage a Trois su lenzuola in velluto e Dio solo sa quanto avrei voluto strappare quei vestiti firmati per lasciare segni arrossati sulle loro cosce. Il profumo del sesso, s'intonava perfettamente con quello alla ciliegia di Ameliè e i capelli lisci come seta di Vivièn erano fatti per essere stretti tra le dita quando le sue labbra scendevano sotto la cintura. Ma questa, è una storia che vi racconterò la prossima volta. Ormai, mancava poco al mio rientro a Milano, poi, avrei raccontato tutto per filo e per segno e soprattutto come mai, fossi a Parigi, senza averlo mai deciso e scelto.

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Guest —
Sorrido pensando a te nel mio paese... Ci sarebbe tanto da dire su i francesi... Che bel racconto, stupenda foto del Moulin Rouge ... Read More
Lunedì, 02 Maggio 2016 01:03
Ultima Santarellina
L'hai veramente presa tu quella foto? Stupenda... Mi fa sorridere saperti nel mio paese hehe. Grazie per il bel racconto!
Lunedì, 02 Maggio 2016 09:34
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2 Comments

Die Antwoord -

Che poi, cos'hanno di speciale i Die Antwoord? La prima volta che li ascoltai, fu un giovane fan, abbbastanza alternativo a consigliarmeli. Mi disse di partire da : Enter The Ninja A metà video, lo stoppai. Al di là del fatto che mi infastidiva la voce di Yolandi che suonava come quella di una bambola, il fatto che ci fosse nel video un malato di Progenia lo trovavo quasi disumano. Mi sembrava la fabbrica dei mostri, il Freak Show di American Horror Story, per il puro gusto di disturbare. Inoltre trovavo assurdo la loro pronuncia inglese, peggiore di quella di Renzi, disturbante, letta male, dura, tipo quella dei sovietici. Però dovevo saperne di più. Prima cosa, non capivo come mai tutte quelle Views. In secondo, quella coppietta aveva qualcosa che mi attirava. Una ragazza bassa, magrissima, debole, con la voce da bambina fragile, però provocava. Giocava, col suo corpo, eccitava per certi versi, in un continuo contrasto tra innocenza infantile e malizia da Femmè Fatale che io trovo irresistibile. Ed una sorta di Rumeno, bolscevico, alto e tatuato di veri tatuaggi - quando ancora ci si scriveva gridi di battaglia sulla pelle e non stupidi disegni. Sembravano Fratellone e sorella, scampati da qualche disastro. Lessi su Wikipedia. Un'insieme di stranezze mai viste. Erano Africani - non l'avrei mai detto - Avevano inventato un movimento di ribellione e di unificazione . Un nuovo modo di dire, di pensare, di vivere. Si ma non come lo ' Yolo ' . Loro avevano inventato lo Zef. Una nuova lingua, miscugli tribali, inglesi, culture e modi di fare diversi, dai bassifondi agli altolocati. E così, inizia ad ascoltarli. Un po' alla Marylin Manson, un po' alla Cara DeLevigne - non è un caso che compaiono entrambi nei loro video - con uno stile ricercato, alternativo, rozzo e grottesco. Ai loro concerti, milioni di persone, dalle fighette alternative e tatuate, agli africani riunificati dopo l'apartheid. C'era di tutto. Lei vestita con costumi infantili, da quello di Pikachu al cane fatto di cartapesta, skinny, con le sopracciglia scolorite, ma gli occhi duri. Lui tra un rapper dei veri ghetti ed il peggior ladro scappato da Scampia, ma con lo sguardo di un uomo vero. Poi passai al leggermi i testi, roba da cazzo duro. E non intendo il cazzo duro di chi ti dice : I love bad bitches that's my fucking problemz - Intendo il cazzo duro di chi ti dice: Ninja is hardcore Been cut so deep, feel no pain It's not sore Don't ask for kak or You'll get what you ask for I'm like a wild animal in the corner Waiting for the break of dawn Trying to get through the night Just a man with the will to survive - E alla fine si trasformarono in una tipo droga psichedelica sintetizzata. Come i Soad, gruppi indie-alternativi, strani forte, che però ti fanno venire il cazzo duro. E allora decisi di tornare ad Enter The Ninja. Il malato con la progenie, altro non era che il loro producer , morto pochi anni dopo. Il trio completo. Un uomo con le fattezze di un bimbo gravemente malato, un'africana magrissima bianco latte che potrebbe essere soffiata via dal primo vento, e lui che si porta tutti sulle spalle, metà Africa compresa, va ad aprire i maggiori concerti in giro per il mondo ed ha quella che nei bassifondi si chiamava: Fotta. Questi sono i Die Antwoord. Quando li ascolti, hai voglia di fottere forte, di farti girare la testa, di ribellarti, alzare il cazzo dritto e il pugno al cielo, colori, suoni, disagio e adrenalina che scorre nelle vene del collo. Sono strani, perversi, discutibili, ma non puoi non amarli. Enter The Ninja -

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